Intervista a Valeria Bertolini, visual artist

La visual artist scelta da Cheap per decorare il muro d’ingresso del Locomotiv Club in occasione del decennale racconta ai microfoni di Normcore come nascono le sue opere e ci anticipa l'uscita di nuove carte dello Sfertility Game contro la violenza sulle donne per la manifestazione di Roma

Valeria Bertolini

Ciao Valeria, innanzitutto partiamo dal definirti artisticamente. Si potrebbe dire che sei una visual artist?

Si, sarebbe riduttivo dire solo illustratrice, disegnatrice o pittrice. Utilizzo vari medium quindi in realtà non so nemmeno io come definirmi!

Quest’anno sei stata scelta dal Cheap per decorare il muro d’ingresso del Locomotiv Club in occasione del decennale. A cosa ti sei ispirata per realizzare l’opera?

Solitamente disegno figure infantili e siccome il tema era la musica, ho cercato di immaginarmi com’erano e cosa facevano da piccole le artiste musicali che amo. C’è Peaches che lancia pesche giganti volanti e indossa un vestitino con su scritto “The boy wanna be her”. Poi Cat Power, che ho disegnato da bimba con il cappellino da cui ha tratto ispirazione per il suo nome: ho scoperto, infatti, che quando lavorava in pizzeria da giovane è arrivato un camionista con un cappellino con su scritto “Cat Diesel Power” e lei lo ha adottato come nome d’arte. Sidead O’ Connor la ricordiamo tutti quando strappò la fotografia del Papa e allora ho immaginato che da piccola strappasse le figurine dei calciatori, anche perché l’inaugurazione del Locomotiv coincideva con il Tutto Molto Bello, il torneo di calcetto delle etichette indipendenti. E infine una delle Bikini Kill che tira una secchiata di nero su un giocattolo di Barbie: Barbie Bikini.

Il lavoro realizzato sul muro d’ingresso del Locomotiv Club in occasione del decennale


Bellissimo! E’ una specie di miniatura delle Bikini Kill! Vorrei troppo quel gioco perché immagino che siano molto cattive, non come la Barbie! 
A proposito d’infanzia, nei tuoi disegni i personaggi sono sempre bambini. Perché?

Quando ho iniziato a disegnare a 13/14 anni non sapevo perché lo facevo; disegnavo figure infantili in modo molto naif e sostanzialmente era quello che sentivo. Ho avuto, come tutti, un’adolescenza difficile e quindi in quel periodo mi sentivo veramente piccola rispetto al mondo, sopraffatta dagli eventi e dalle cose che erano troppo grosse per me. C’era un mio desiderio di tornare indietro, quasi in un utero felice, dove niente ti succede. 
In seguito ho preso più consapevolezza, i miei soggetti sono sempre bambini ma sono dei bambini un po’ inselvatichiti, anche un po’ cattivi.
Devo ammettere che non amo molti i bambini, soprattutto da quando sono a Bologna, perché i bambini bolognesi sono insopportabili. Mentre mi piacciono quelli di periferia, di campagna, quelli che lanciano i petardi nei bidoni, lanciano sassi. Quelli che fanno cose che qui a Bologna non si possono più fare.



Oltre al muro d’ingresso dei Locomotiv Club hai realizzato diversi progetti sia per quanto riguarda i supporti utilizzati sia per quanto riguarda le tematiche affrontate, spesso incentrate sul sociale. Raccontaci un po’ di entrambi.

Quello che dicevamo poco fa sui bambini è legato anche alla questione del gender: mi piace l’elemento bambino perché non ha ancora i caratteri sessuali secondari definiti. Mi piace quindi rappresentare delle figure che non siano determinate come maschio o femmina.
Per quanto riguarda i supporti ho sperimentato diverse tecniche, visto che sto ancora studiando pittura all’Accademia. Ho provato dal fumetto all’animazione, la pittura su legno - dove uso dei blocchi quadrati che poi compongo come se fossero dei Tetris perché mi piace uscire dal quadrato classico - lavoro tantissimo su carta, ma su rotoli, sempre per non aver un formato prestabilito. Non mi piace aver troppi confini.



A proposito di temi sociali. Hai realizzato anche un gioco?

Con Favolosa Coalizione abbiamo realizzato un gioco a caselle che propone in chiave ironica il tema della fertilità obbligatoria in contrasto alla nota campagna del Ministero. Una sorta di gioco dell’oca di piazza dove le persone tengono in mano un cartello, tirano il mega dado e avanzano su queste caselle assurde a tema fertilità disegnate sul pavimento. Ad esempio si potrebbe capitare sulla casella: “Hai messo incinta la tua compagna e non hai mai cambiato un pannolino in vita tua. Comunque bravo, hai dato un figlio alla patria. Avanza di due caselle.”

Casella dello Sfertility Game realizzata da Valeria Bertolini

Meraviglioso! Lo rifarete prossimamente? 

Sì, lo dico in anteprima ai microfoni di Normcore: faremo delle nuove caselle che porteremo a Roma in occasione della giornata sulla violenza delle donne il 26 novembre. Intanto le caselle già esistenti saranno esposte all’Ortica per il BilBolBul Festival.
Inoltre vorremmo che diventasse presto un gioco scaricabile gratuitamente online, in modo che tutti possano stamparlo e giocarci a casa come un vero gioco da tavola.


E ovviamente ci saranno dentro i cicchetti! Anche perché per parlare di fertility day bisogna berci sopra!

Per forza! Così ammazzi un po’ di gameti e non sei più fertile!



Casella dello Sfertility Game realizzata da Valeria Bertolini


Dove hai iniziato la tua ricerca? Chi sono stati i tuoi mentori?

Appena sono arrivata a Bologna, anche se ero iscritta all’Accademia non l’ho mai frequentata, non mi sono mai trovata bene all’interno delle sue mura accademiche. Mi sono, invece, circondata di un sacco di amiche artiste che mi hanno insegnato tutto. Per esempio posso citare le To-Let, che sono di Bologna, e MP5: mi portavano a lavorare con loro, all’inizio facevo la porta pennelli e a volte facevo vedere un mio quadro e chiedevo: “Piè com’è?” e lei: “Una merda”.

Beh, aiuta a crescere! Mettiamola così!

Sì, mi ha aiutato tanto a crescere; ho imparato tutto da loro. Infatti, all’Accademia ero vista come strana perché non assomigliavo molto agli altri ragazzini.

A proposito dei tuoi lavori: alcune tue opere sono in mostra proprio in questo periodo.

Sì, a Modena ci sono due mie opere (acrilico e china su carta in rotoli) sul tema del dono grandissimi: ogni quadro è alto quasi 3 metri. Sono all’interno di un bellissimo spazio ibrido tra un hangar e un loft, dove sono esposti anche lavori di artisti molto giovani; il più giovane avrà 20 anni ed è bravissimo. 

Un’altra, realizzata china su carta, è stata selezionata per il Concorso Internazionale di Illustrazione e Grafica sociale sull’illustrazione sociale “Societies on the move” ed è esposta in Piazza San Marco a Venezia presso la Fondazione Bevilacqua La Masa. 



L’opera esposta alla Fondazione Bevilacqua La Masa.


Progetti per il futuro? Uscirà un libro che raccoglie i tuoi disegni?

Sto disegnando due libri. Uno sul tema del drag e l’altro è un lavoro sul doppio: io sono gemella, ed è un progetto autobiografico in bianco e nero.

Entrambi i libri sono immagini senza parole, sono “silent book”.

Allora speriamo che vengano presto pubblicati! Intanto, oltre le mostre che abbiamo citato, dove si possono vedere le tue opere?

Su Facebook, Instagram e Pinterest, nei miei profili “Valeria Bertolini”; non ho nomi d’arte!

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