Inizia la concorrenza nell’intermediazione del diritto d’autore grazie all’Europa: intervista ad Adriano Bonforti
Il fondatore e CEO di Patamu racconta ai
microfoni di Normcore come la sua società con sede in Italia sta affrontando la
difficile battaglia per introdurre la concorrenza nel mercato monopolistico
della tutela del diritto d’autore e della riscossione delle royalties.
Adriano Bonforti
Intervista ad Adriano Bonforti, fondatore e CEO di Patamu.com, startup
nata e residente in Italia, all’attivo già oltre 11.000 artisti iscritti e 34.000
opere depositate, nata con lo scopo di fornire un servizio di tutela dal plagio
e di archiviazione delle opere d’ingegno e di consulenza legale ed operativa
all’autore dell’opera e alle società di produzione e che si pone come alternativa
al monopolio della SIAE.
Buongiorno Adriano, benvenuto a
Normcore. Iniziamo subito spiegando come nasce e in cosa consiste Patamu.
Patamu è nata perché ero un musicista iscritto alla Siae e non essendomi
trovato bene e ho pensato a un’alternativa.
Lentamente il progetto si è diffuso, prima tra gli amici fino a
raggiungere tutta Italia e diventando sempre più una realtà seria, tanto è vero
che me ne occupo dalla mattina alla sera con l’aiuto di altre persone.
Cerchiamo di aiutare gli artisti, i creativi e non solo a tutelare le
proprie idee ma non con un’ottica di chiusura: una persona vuole dimostrare la
paternità di un’idea, avere più tranquillità nel diffonderla ma senza essere
vincolato e scegliendo come diffonderla. Stiamo, infatti, lavorando anche sul
fronte della riscossione royalties, cercando di essere più trasparenti e
corretti. Siamo partiti e sta funzionando, soprattutto sul lato musica.
Infatti, Patamu oltre a tutelare le
opere, fornire diversi servizi tra cui quello legale ha avviato il servizio d’intermediazione
del diritto d’autore sulla musica dal vivo, sino a poco tempo fa esclusiva
della SIAE e questione su cui si è espressa l’antitrust. E’ stato un vero punto
svolta perché se è vero che a volte i gestori si nascondono dietro l’onere del
pagamento della Siae per non pagare un artista di contro in caso di eventi di
beneficienza gli organizzatori siano costretti a pagarla comunque, scoraggiando
così le iniziative. Puoi spiegarci come funziona questo nuovo servizio?
Il nostro faro e arrivato dall’Europa: la direttiva Barnier, una
direttiva che regola la governance
delle collecting o, in altri termini,
come si dovrebbero comportare anche riguardo le norme di trasparenza e di
competizione all’interno del territorio europeo. La Siae è stato un organismo
che per troppi anni non ha avuto nessun tipo di competizione sul territorio e
quindi non ha neanche avuto un metro per capire cosa stava sbagliando, in cosa
si poteva migliorare e come si potevano fare meglio alcune cose. Per questo è
intervenuta l’Unione Europea che ha deciso di introdurre la competizione in
questo mercato chiuso nell’auspicio che i servizi diventino migliori. Con
l’arrivo di questa direttiva ci siamo posti il problema di come si poteva fare
meglio il lavoro che stava facendo la Siae ed uno dei punti salienti emersi era
la trasparenza nel riscuotere le royalties ma soprattutto nel redistribuirle
agli artisti. Ancora oggi, infatti, la Siae usa un metodo a doppio binario per
cui se l’artista è famoso è molto probabile che gli venga corrisposto il giusto
compenso riscosso per il diritto di autore in una serata, mentre se l’artista è
piccolo e fa il famoso “concertino”, compilando il borderò tradizionale non vi è
l’obbligo di essere ripartito in modo. Anche riguardo alla beneficienza che hai
nominato, la direttiva europea dice che in questi casi l’artista può decidere
liberamente se far usare la propria musica senza pretendere il diritto
d’autore, che è una cosa che la Siae ancora oggi non fa mentre noi in Patamu sì.
Il problema è che, nonostante la direttiva europea e il pronunciamento dell’Antitrust,
l’Italia come sempre perde le occasioni pensando a quanto è figa l’America che
ha Google ma se l’idea, che oltretutto cerca di unire impresa e lato sociale (ci
è stata riconosciuta la vocazione sociale), arriva dall’Italia fa orecchie da
mercante e non prende azioni significative fino a che quell’azienda non è
costretta ad andare da altre parti o è superata da chi sin dall’inizio ha
deciso di puntare sull’estero.
E’ un paradosso. Si penalizzano
gli artisti piccoli, le imprese nazionali a favore di quelle estere, e poi come
minimo prenderemo una multa perché non implementiamo le direttive europee.
Speriamo, almeno non andrà impunito questo atteggiamento standard! Una
piccola parentesi personale: io sono un ricercatore italiano che se n’è andato
a vivere e lavorare all’estero e ha deciso di fondare una società in Italia,
perché credevo nel fatto di portare un’impresa culturale e creativa nel mio
Paese. Sarebbe il minimo che venisse comminata una multa per questo
atteggiamento distruttivo di tutte le iniziative commerciali e culturali che si
provano a creare in Italia e che così si impari un po’ dal passato.
La tua è una vera e propria
battaglia per i diritti di cui ti sono grata essendo direttamente interessata.
Immagino che la SIAE non sia molto contenta della vostra iniziativa. E mi pare
stia reagendo a colpi bassi. Ho visto che ha addirittura creato una pagina a
pagamento che esce quando si cerca su un motore di ricerca Patamu. Come state
rispondendo o, meglio, come vi state difendendo?
Sì, spero che non siano arrivati al punto di aver creato un vero e
proprio sito web, però è vero che cercando Patamu usciva l’ad “patamu-siae.it”. Sul nostro Facebook hanno iniziato così a circolare voci
che abbiamo dovuto smentire immediatamente in cui scrivevano di non fidarsi di
Patamu e che eravamo la Siae sotto mentite spoglie. Immagina il danno che ci è
stato arrecato per via di questa scelta sconsiderata, ma totalmente consapevole,
che ha fatto la Siae per affossare una realtà sulla quale sta già riuscendo a
prevalere: questo anche grazie al fatto che c’è una normativa che non è
corretta e di cui può abusare perché ancora oggi a livello normativo italiano
risulta l’unica realtà che ha il diritto di essere monopolista sulla
intermediazione sui diritti d'autore.
Noi ormai ce ne siamo ampiamente fregati della normativa italiana -
scusate le parole forti - e abbiam iniziato a guardare l’Europa, la direttiva
europea e il pronunciamento Antitrust. In più, in questo contesto, una certa
persona di cui non faccio il nome, che aveva il potere decisionale in questo ambito,
ha commentato che secondo lui l’Antitrust aveva sbagliato. Ma se si fa un ente
che è a garanzia della concorrenza del mercato non può arrivare un singolo che
si prende la responsabilità e la libertà di consigliare alle istituzioni di non
recepire la direttiva europea in quel modo perché secondo lui l’Antitrust ha
sbagliato. Se c’è un autorità c’è una autorità. Ed è tutta una cosa italiana
pensare che a sei mesi dal pronunciamento non sia cambiato niente: solo qui
succede. Non voglio essere qualunquista, credo che le cose possano cambiare ed è
dovere di chi subisce dei torti farli emergere arrivando anche ad azioni frontali
e legali. Dal nostro canto, abbiamo fatto una comunicazione in cui dichiaravamo
che avremmo iniziamo a fare intermediazione sul monopolio e che se si pensava
che fossimo nel torto saremmo stati pronti a vederci in tribunale per vedere
chi aveva torto o meno.
Tu sei quasi un martire che s’immola
per i nostri diritti. Per quanto riguarda i passaggi in radio e la
distribuzione fisica qual è la situazione?
Per i passaggi in radio la tecnologia sarebbe semplicissima da fare.
Sarebbe bello che grazie a quest’azione di rottura del fare intermediazione sui
live avessimo un minimo di forza per iniziare ad aprirci su nuovi discorsi. Il
discorso è lungo comunque per le musiche non Siae le radio possono interfacciarsi
con gli autori o con realtà come Patamu.com nel momento in cui dovesse partire
anche questo progetto pilota.
Per quanto riguarda la distribuzione fisica, il bollino Siae è diviso in
due pezzi: il diritto d’autore e l’anticontraffazione. Quindi se anche alla
Siae gli è stato dato il compito dell’anticontraffazione nel momento in cui il
supporto fisico non fosse di opere depositate da loro, il costo del bollino
Siae il costo sarebbe di 3 centesimo a copia. Si passa quindi dai 1500-1800
euro, dipende dal minutaggio e dalle tracce nel cd, che deve pagare un autore iscritto
Siae ai 30 euro per 1000 copie escludendo il diritto d’autore. Se una volta
aveva senso pagare il diritto d’autore perché lo pagava il produttore, con l’arrivo
dei cd autoprodotti il bollino lo paga l’autore e il diritto d’autore torna
solo in parte dalla Siae quindi non ha più senso.
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