La storia dietro le copertine degli album di David Bowie


In occasione della mostra David Bowie is al MAMbo Museo d’Arte Moderna di Bologna e al contest "Rebel Rebel" per band musicali promosso da Gender Bender per rendere omaggio al Duca Bianco ho pensato di ripercorrere le storie che stanno dietro le copertine dei suoi album più significativi.


"David Bowie" (1967)

LP omonimo di debutto, uscito nel 1967, quando aveva solo 20 anni, mostra la foto di un giovane Bowie in primo piano sulla copertina. 



Le immagini sul retro vennero scattate nello studio-cantina di Gerald Fearnley, fratello del bassista Derek, situato sotto una chiesa in Bryanston Street vicino a Marble Arch dove David aveva fatto le prove durante la registrazione dell'album. «Quella giacca militare, ne andavo molto fiero...era di sartoria», ricordò anni dopo circa l'abbigliamento che aveva scelto a complemento del taglio di capelli da paggetto.


"Space Oddity" (1969)

La copertina originale raffigurante un primo piano frontale di David Bowie su sfondo blu venne realizzata dal fotografo Brian Ward su ispirazione di un disegno di Victor Vasarely, mentre il disegno sul retro in stile flower power fu opera di George Underwood, amico di David dai tempi della Technical High School di Bromley. 


Il retro mostra un disegno, molto simile a quello apparso l'anno precedente sulla copertina del primo disco dei T. Rex, che traeva spunto dai testi dell'album. Nel disegno si può osservare tra l'altro un ritratto di Hermione, astronauti, alieni e un'anziana donna che piange confortata da un Pierrot notevolmente simile al personaggio del video di Ashes to Ashes del 1980. 



A partire dalla riedizione del 1972 furono utilizzate nuove immagini scattate nella residenza di Bowie di Haddon Hall dal fotografo Mick Rock, in cui il cantante mostrava chiaramente le sembianze di Ziggy Stardust, sia sulla copertina che sul retro.




"The Man Who Sold The World" (1970)

Negli ultimi giorni del suo rapporto professionale con David Bowie, il manager Kenneth Pitt aveva pianificato di contattare un grande artista per disegnare la copertina dell'album. La lista includeva Andy Warhol, David Hockney e Patrick Procktor ma il progetto svanì e David si rivolse allo scrittore e disegnatore Michael Weller, frequentatore abituale del laboratorio artistico fondato dal cantante a Beckenham il cui lavoro riecheggiava lo stile pop art di Warhol e Roy Lichtenstein. L'intenzione era quella di una copertina che rispecchiasse l'atmosfera sinistra dell'album e il risultato fu un fumetto intitolato "Metrobolist", ispirato dal film Metropolis di Fritz Lang, con una tetra veduta dell'ingresso principale del Cane Hill Hospital, dove oltre al fratellastro Terry era ricoverato un amico di Weller, e una figura di cowboy copiata da una fotografia di John Wayne con in mano un fucile in primo piano.
Anche se Bowie si mostrò molto soddisfatto del disegno ultimato, poco dopo cambiò idea e per l'edizione che sarebbe uscita nel Regno Unito chiese al dipartimento artistico della Philips di commissionare al fotografo Keith McMillan un servizio nel soggiorno della sua residenza di Haddon Hall.


Si sistemò su una sedia a sdraio con un vestito di satin crema e blu comprato alla boutique londinese "Mr. Fish" (un vestito da uomo, come precisò in seguito) con una mano che lasciava cadere l'ultima carta di un mazzo sparso per terra e l'altra che giocava con i suoi nuovi fluenti riccioli "post-hippy". In seguito spiegò che la foto, rappresentazione dell'ambiguità sessuale che Bowie già perseguiva, intendeva riprodurre lo stile del pittore preraffaellita Dante Gabriel Rossetti.

"Hunky Dory" (1971)

Per l'immagine da utilizzare sulla copertina di Hunky Dory David Bowie si rivolse al fotografo Brian Ward. Fra le soluzioni vagliate ce n'era una in stile "faraone egizio", una come sfinge e una nella posizione del loto, tutte idee che il cantante aveva già espresso ad aprile nella sua intervista a Rolling Stone («Ha in mente di apparire sul palco agghindato un po' come Cleopatra», scrisse il giornalista John Mendelsohn).

Alla fine nessuna delle foto venne utilizzata e la scelta ricadde su un'immagine più semplice, ispirata ad un ritratto dell'attrice Greta Garbo che rispecchiava i riferimenti cinematografici contenuti nell'album: un primo piano di Bowie con lo sguardo sognante e malinconico perso nel vuoto e i lunghi capelli biondi raccolti tra le mani. La fotografia fu ricolorata dal suo vecchio amico George Underwood per suggerire l'idea di un manifesto dipinto a mano dei tempi del muto. In un periodo in cui molte copertine di album collocavano gli artisti come figure minuscole su uno sfondo post-psichedelico, David scelse apertamente e ironicamente di enfatizzare la sua icona di star.


"The Rise And Fall Of Ziggy Stardust and The Spiders From Mars" (1972)

Le immagini destinate a comparire su Ziggy Stardust furono scattate a Londra nel gennaio del 1972 da Brian Ward, già autore della copertina di Hunky Dory, davanti ad un edificio in Heddon Street in cui il fotografo aveva lo studio. 



Sia la foto di copertina che quella del retro furono realizzate in bianco e nero e colorate successivamente dal grafico Terry Pastor, «per raggiungere l'ultra-realistico stile fiabesco della copertina dell'album», come scrisse la rivista Q nel 1998. La tuta da paracadutista che indossò Bowie e che appare blu sulla copertina era in realtà la stessa tuta verde indossata nel febbraio 1972 per l'esibizione nel programma televisivo The Old Grey Whistle Test.


"Aladdin Sane" (1973)


Il disco che segna il passaggio da Ziggy allo schizofrenico Aladdin Sane, la copertina di questo classico, compreso l’iconico fulmine disegnato sul viso di Bowie, fu il risultato della collaborazione tra il fotografo Brian Duffy e il make-up artist Pierre Laroche. Duffy ha dichiarato che il fulmine fu ispirato dal simbolo presente sul suo fornelletto elettrico. 



La casa discografica RCA, che ai tempi dell'uscita del disco curò la distribuzione in Italia, al fine di anticipare al massimo l'uscita dell'album sul mercato decise di distribuire la prima tiratura con una copertina provvisoria interamente bianca dove erano riportati esclusivamente il nome dell'artista e dell'album. Sul retro della copertina era presente una dicitura che diceva: "Per anticipare al massimo l'uscita, il nuovo Long-Playing di David Bowie viene momentaneamente fornito in busta provvisoria. In aprile sarà disponibile la busta definitiva che potrete richiedere gratuitamente ai vostri fornitori". L'album con questa busta è un oggetto ricercato dai collezionisti del "Duca Bianco" ed il suo valore si aggira tra i 400 e 640 USD.


"Pin-Ups" (1973)

La prima copertina uscita che non ritraeva Bowie da solo ma con la modella Twiggy in una fotografia scattata a Parigi dal suo manager dell'epoca Justin de Villeneuve per Vogue,  che fu utilizzata per l'album su espressa richiesta del cantante.


"Diamond Dogs" (1974)

L'immagine di copertina mostra un inquietante Bowie mezzo-cane dipinto da Guy Peellaert. È stata molto contestata perché nella versione completa mostrava chiaramente i genitali ibridi della creatura. Il dipinto fu corretto ad aerografo per la copertina dell'album, mentre una seconda copertina che mostrava il cantante che tiene al guinzaglio un cane rabbioso fu scartata: entrambe però furono incluse nelle riedizioni targate Rykodisc/EMI. 



"Young Americans" (1975)

Riflettendo la nuova ossessione di Bowie per il soul di Philadelphia e il conseguente suono morbido e satinato, anche la copertina di Young Americans era ugualmente patinata. Al di fuori delle controversie: mostra un Bowie acconciato, con la sigaretta in bocca, re del club.


"Station To Station" (1976)

La foto in bianco e nero utilizzata per la copertina del disco è un fermo immagine proveniente dal film "L'uomo che cadde sulla terra" nel quale Bowie, nelle vesti dell'alieno Thomas Jerome Newton, entra in una camera anecoica. 



La scelta di convertire l'immagine (originariamente a colori) in bianco e nero fu di Bowie poiché egli pensava che colorata l'immagine sembrasse artificiale. Quando all'inizio degli anni novanta la Rykodisc ristampò il catalogo discografico di Bowie in CD, per la copertina venne invece utilizzata l'immagine originale a colori. Il retro copertina mostra David Bowie mentre disegna sul pavimento l'albero della vita della cabala ebraica.


"Low" (1977)

La copertina dell'album, come quella del precedente Station to Station, è ancora un fotogramma ricavato dal film "L'uomo che cadde sulla Terra". Mostra Bowie di prfofilo e la scritta Low forma un gioco che riporta al concetto di "Low Profile".


"Heroes" (1977)

L'iconica foto di copertina venne scattata dal fotografo giapponese Masayoshi Sukita e ispirata ai lavori dell'artista tedesco Erich Heckel, in particolare all'opera Roquairol, che servì da modello anche per la copertina dell'album "The Idiot" di Iggy Pop, a cui Bowie collaborò e che fu pubblicato lo stesso anno di "Heroes".



"Lodger" (1979)

Per la copertina di Lodger David Bowie ha collaborato con l'artista pop inglese Derek Boshier. Nel pieghevole originale presente nell'album si vede una foto a bassa risoluzione di Bowie nei panni di una vittima di un incidente, compreso un apparente naso rotto, fatta con una Polaroid SX-70. Il pieghevole comprende anche foto del cadavere di Che Guevara, del Cristo morto del Mantegna e un'altra di Bowie. Le immagini non sono presenti nella riedizione della Rykodisc in CD del 1991.


"Scary Monsters And Super Creeps" (1980)

La copertina di Scary Monsters vede David Bowie vestito in stile Pierrot, come appare nel video di Ashes to Ashes; questo look è frutto della combinazione tra la fotografia di Brian Duffy ed il disegno di Edward Bell. 


Il retro della copertina del vinile originale presenta immagini che rimandano agli album della trilogia berlinese e a Aladdin Sane del 1973. 


"The Next Day" (2013)

L'immagine di copertina dell'album è una versione riadattata della cover di Heroes, del 1977. Creata da Jonathan Barnbrook (graphic designer che ha firmato anche le copertine per gli album "Heathen" e "Reality"). L'oscuramento della fotografia vuole indicare una "dimenticanza o cancellazione del passato". Le parole con cui Barnbrook ha spiegato la cover sono state: "Se l'intenzione è quella di sovvertire un album di David Bowie, allora gli album fra cui scegliere sono davvero molti, ma Heroes è il più venerato. E se si trattava di sovvertire qualcosa, doveva essere un'immagine che scuotesse veramente, ed è lì che abbiamo pensato che Heroes fosse la scelta migliore sotto tutti i punti di vista".


"Blackstar" (2016)

L'artwork di Blackstar (stilizzato come ★) è sempre opera del designer Jonathan Barnbrook. La copertina della versione compact disc ha una grossa stella nera su sfondo bianco, e sei segmenti di stella sotto che formano la parola "B O W I E" in lettere stilizzate.



La versione LP in vinile, invece ha la copertina di colore nero, e la stella come sezione intagliata, a mostrare il vinile del disco (con etichetta totalmente nera) dietro. A parte la prima stampa originale destinata al mercato statunitense di The Man Who Sold the World e la versione britannica di The Buddha of Suburbia, questo è l'unico disco di David Bowie a non avere una sua immagine in copertina.

Ultimo disco uscito pochi giorni prima della sua prematura scomparsa, questa copertina ha destato l'attenzione di tutti i fans e non solo per le svariate sorprese che nascondeva al suo interno. 
Esponendo al sole la copertina di "Blackstar", si ottengono infatti delle particolari macchie gialle che ricordano il cielo in una notte piena di stelle. Per quanto non ci siano conferme ufficiali, è più che probabile che sia un effetto voluto: all’interno della facciata principale è incollato un sottile foglio di carta, posizionato in quel preciso punto della confezione. Grazie al foro sulla copertina e all’ingiallimento della carta, emerge chiaramente il simbolo delle stella creando un effetto finale decisamente affascinante e, al tempo stesso, commovente.
Un'altro segreto celato nella copertina è che, se posizionata sotto la luce di una lampada UV, la stella centrale si colora di un blu fluorescente.


Ma non solo. La rivista Spin ha riportato la teoria del fan Matias Hidalgo secondo cui le due immagini all’interno della copertina siano state fatte apposta per riflettersi l’una nell’altra e ottenere, così, la figura di Bowie immersa nella galassia.


Il Duca Bianco sarà sempre tra noi.

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